PSICOFASE 3 GESTIONE DELLA FATICA E STRESS PSICOFISICO: prenditi cura di te!

PSICOFASE 3: GESTIONE DELLA FATICA E STRESS PSICOFISICO Psicopillola di Cristina Sciacca Psicologa

Inizia la fase 2 ma siamo alla psicofase 3: Prenditi cura di te.

Io credo che siamo in questa terza psicofase caratterizzata da forte senso di fatica e stress psicofisico data dalla lunghezza delle fasi precedenti (psicofase 1 “negazione” e psicofase 2 “accettazione” descritte nella psicopillola precedente, da cui questa è estratta https://cristinasciaccapsicologa.it/le-3-psicofasi-ai-tempi-del-coronavirus-azioni-positive-alla-portata-di-tutti-per-superare-la-psicofase-3/) e che richiede a tutti un grande sforzo, ma che dobbiamo affrontare con consapevolezza per superarla con meno danni psicologici possibili.

Sì, perché l’uomo si adatta all’ambiente, ma se il periodo di difficoltà ha una durata indefinita o, comunque se è troppo lungo porta con sé danni psicologici tangibili che occorre riconoscere e gestire tempestivamente per scongiurare l’esaurimento psicofisico.

Il costo dell’emergenza psicologica è molto alto ed in questa psicopillola vogliamo parlare di ciò che ognuno di noi può fare per contenere lo stress individuale e familiare.

L’emergenza sanitaria ed economica, infatti, ci hanno portato ad una enorme emergenza psicologica che già era presente nella psicofase 2 e che in questa psicofase 3 necessita di interventi a livello individuale e sociale.

L’esperienza delle necessarie misure adottate a contrasto del contagio: il distanziamento sociale, il blocco delle attività produttive e della mobilità, ci hanno portato a vivere un’esperienza molto grave a causa  della deprivazione sociale, dell’isolamento, dell’inattività e per l’insicurezza economica, oltre che per la preoccupazione per la salute minacciata dal virus.

Si tratta infatti di un trauma collettivo. Sì, si chiama proprio così, come se fosse stato un terremoto, ma forse può essere paragonato meglio ad un attentato, per l’insicurezza che comporta l’epidemia con il rischio contagio non ancora risolto.

Ecco perché, dopo la negazione del virus, dopo la difficoltosa accettazione delle misure, in questa terza psicofase siamo in preoccupazione/fatica/esaurimento: ormai siamo stanchi.

Si tende a non vederne la fine, questa quarantena sembra un’ottantena e ci ritroviamo ad essere sospettosi e a temere l’altro per il contagio possibile, se prima stavamo distanti per decreto, ora siamo distanti per paura, al punto che fatichiamo a reggere il contatto visivo quando al supermercato tendiamo ad evitare pure lo sguardo di chi incrociamo, sempre a distanza, tra gli scaffali.

Le preoccupazioni per le difficoltà economiche sono reali, tangibili ed alle stelle.

I disturbi depressivi, d’ansia e del sonno sono all’ordine del giorno, possono aumentare le dipendenze comportamentali e da sostanze, aumentare l’aggressività, quindi i conflitti che ne conseguono a livello di coppia, familiare, coi vicini, o al lavoro sono all’ordine del giorno.  

Ricordo ciò che ho scritto in apertura: per gestire le nostre emozioni, che guidano i comportamenti, è necessario riconoscerle ed accettarle.

Stare meglio, migliorare il nostro benessere è possibile e possiamo e dobbiamo riconoscere e prenderci carico dei nostri malesseri per farvi fronte con grande responsabilità verso noi stessi, la nostra famiglia, la nostra comunità. Sì, perché siamo parte di sistemi interconnessi e il nostro benessere psicologico personale avrà ripercussioni nei diversi livelli.

AZIONI POSITIVE: COSA FARE PER GESTIRE E SUPERARE LA PSICOFASE  3

Per fare affrontare e gestire questa fase di fatica psicofisica è necessario innanzitutto mettere in azione INTENZIONALMENTE i seguenti atteggiamenti mentali:

  1.  Azionare il nostro cervello corticale per effettuare le operazioni di riconoscimento delle emozioni e individuare le strategie per gestirle in modo da non danneggiare noi stessi e gli altri. Possiamo pensare a questo rinforzando la nostra “parte adulta”
  2. Mantenere allenato (significa azionare consapevolmente e ripetutamente) uno stato di fiducia e positività che ci rendono in grado di essere attivi e proattivi nel gestire le situazioni complesse che stiamo vivendo
  3. Sentire tutto il potere che è nelle nostre mani per agirlo anche attraverso piccole operazioni che sono però fondamentali per il nostro benessere e il benessere dei nostri familiari. Questo punto è fondamentale per trovare soluzioni e per ridurre il nostro senso di impotenza, che, al contrario blocca il pensiero creativo limitando la capacità di generare soluzioni
  4. Attiviamo le nostre risorse: quando siamo in difficoltà mettiamo in atto risorse più o meno nascoste, ma che esistono in ognuno di noi proprio per gestire i momenti di difficoltà (che fanno parte della vita, seppure sembrino assurdi come questo del coronavirus)
  5. Avere la consapevolezza che tutto finirà, sarà, probabilmente per un po’ diverso da prima, ma il coronavirus finirà

Vediamo alcune situazioni tipiche di questa psicofase 3 e delle “buone prassi” corrispondenti con le AZIONI POSITIVE ALLA PORTATA DI TUTTI PER SUPERARE LA PSICOFASE 3

  1. Hai sintomi di stress importanti?

Ti sei accorto che è troppo tempo che non dormi, o che stai esagerando con fumo, alcol, cibo, play station, hai sintomi fisici di origine psicosomatica tipo male alla testa, pancia, attacchi di ansia o altro? Hai messo in atto strategie maladattive e ti ritrovi vicino ad una dipendenza, o a litigare forte in casa?

Sei in quarantena fiduciaria e sei costretto a casa e ti senti un untore?

Cerca di mettere in atto azioni di gestione dello stress.

Io ne suggerisco di due tipologie, in base alle tue caratteristiche vedi in quali riconosci maggiormente i benefici per te stesso e per i tuoi familiari:

  • Attività statiche:

fai attività che riducono l’attivazione attraverso il respiro e la consapevolezza del momento presente:

  • esercità la respirazione, cerca esercizi di mindfulness on line, ce ne sono tantissime
  • fai yoga, anche qui on line su you tube trovi di tutto gratuitamente

fai attività che ti danno piacere che producono eustress (stress positivo) e/o che richiedono attenzione focalizzata (così il cervello si distrae dalle fonti di ansia e si concentra su altro):

  • attività manuali tipo: uncinetto, fare la maglia, ricamare, disegnare, dipingere, bricolage, giardinaggio, cucinare, ecc
  • Attività dinamiche:

Fai attività che richiedono sforzi e movimento per eliminare l’energia in eccesso:

  • Pulizie pesanti (ma ormai sarà già tutto pulito)
  • Esercizi di ginnastica, fai le scale su e giù, corri attorno a casa, fai flessioni, anche qui puoi cercarne on line
  • Canta forte a squarciagola le tue canzoni preferite
  • Piglia un cuscino, mettilo sul letto e dagli pugni facendo attenzione di non sbattere sul comodino e farti male
  • Poi per tutti valgono le attività di relazione:

parlare con qualcuno dal quale ti senti capito:

chiama al telefono, o meglio, videochiama un amico, un conoscente, un esperto, chiunque ti possa accogliere in questo momento difficile.

Se vedi che i tuoi sintomi sono importanti o durano a lungo, informa il tuo medico di medicina generale e il tuo psicologo di fiducia (sì, credo che tutti dovremmo averne uno).

2.Riprenderai il lavoro? => METTERSI IN SICUREZZA

Non vedi l’ora di rientrare al lavoro perché sei stanco di stare a casa, ma sei ambivalente ed allo stesso tempo hai paura del contagio?

Hai ragione ad essere preoccupato, fai bene a non abbassare la guardia, è naturale, dato che il problema contagio non è ancora stato risolto (dato di realtà).

 Ci sono fior fior di scienziati in tutto il mondo, che si stanno dando da fare per trovare le soluzioni (dato di realtà legato alla fiducia che genera sensazioni positive di speranza e di potere).

Esercitiamo il nostro potere mettendo in atto le azioni che già conosciamo, già sappiamo  cosa possiamo e DOBBIAMO fare per proteggerci:

  • Mantieni il distanziamento di almeno un metro dai colleghi (non abbracciarli o stringere le mani)
  • Igiene delle mani (acqua e sapone, o soluzioni idroalcoliche da avere sempre con se)
  • Igiene respiratoria (tossisci e starnutisci nel fazzoletto o nella piega del gomito), mascherina
  • Pulisci e disinfetta gli strumenti e i piani di lavoro
  • Arieggia i locali più volte al giorno
  • Stai a distanza dai clienti e richiedi protezioni di plexigass (quelle che vediamo alle casse dei supermercati, o nelle farmacie)
  • Se, poi, hai la febbre, non andare al lavoro

3)Sei in serie difficoltà? CHIEDI AIUTO!

Essere in serie difficoltà è una condizione che può capitare a tutti e che fa parte delle situazioni della vita.

E’ per questo che non ce ne dobbiamo vergognare!

E’ molto sbagliato pensare di farcela sempre da soli, è il mito dell’autonomia e della forza.

Tutti siamo dipendenti e interdipendenti gli uni con gli altri.

Tutti facciamo parte di un tutto: di un sistema familiare, di una comunità, di una nazione.

Tutti siamo forti e deboli allo stesso momento.

Ma quando siamo in forte difficoltà dobbiamo azionare il nostro cervello corticale e chiedere aiuto!

Questo significa prenderci carico di noi stessi, essere forti ed azionare il tasto di emergenza della navicella e non farla schiantare perché ci sembra di essere deboli o ci vergognamo.

Possiamo avere vari livelli di difficoltà in diversi ambiti.

Allora in questi casi è sano chiedere aiuto ad amici, vicini di casa, familiari, esperti o a chi ha il compito istituzionale di intervenire.

  • Stai vivendo una esperienza di maltrattamento e di violenza intrafamiliare o stalking?

 Non tollerare oltre, per te e per i tuoi figli, se ne hai: chiama i Servizi Sociali, i Carabinieri o fai il numero 1522 dove trovi chi ti ascolta, al 1522 trovi anche una app creata apposta.

Se ti senti in pericolo ci sono i centri antiviolenza e le case/rifugio per le donne (lascia perdere i casi drammatici che sentiamo in tv, fortunatamente ce ne sono a migliaia che finiscono bene, ma occorre CHIEDERE AIUTO!)

  • Sei in difficoltà nella gestione dei figli, nei rapporti di coppia o familiari, insomma hai difficoltà psicologiche (cognitive, affettive, relazionali, comportamentali)?

Inizia col chiedere aiuto ad amici e parenti, poi passa ad un colloquio con un esperto psicologo che sia iscritto all’Ordine degli psicologi in modo da rivolgerti a professionisti veri del benessere psicologico. E’ un falso mito che se vai dallo psicologo o sei matto o ci vorranno anni perché ti lega mani e piedi a lui. Lo psicologo (iscritto all’Ordine) fa anche counseling che significa che fa consulenze mirate a risolvere un problema e solitamente sono brevi. Gli psicologi ti trovi al servizio pubblico e, se puoi, nel privato, ora tutti lavoriamo on line ed è meno peggio di ciò che immagini. Personalmente mi sto trovando bene a lavorare con Skype.

  • Sei in difficoltà economiche? Rivolgiti in un crescendo alla tua rete sociale, familiare, alle istituzioni, al Comune, alle parrocchie, alla Croce Rossa. Qualcuno che potrà supportarti in questa difficile fase lo troverai, non rivolgerti a chi si approfitta di te come strozzini, oppure organizzazioni malavitose.  

4.Hai avuto un lutto legato al Covid-19?

Eh, sì, dobbiamo fare i conti anche con questa drammatica realtà di chi sta vivendo questo in prima persona o per il lavoro che svolge.

Carissimo, stai attraversando un momento davvero tragico e ti faccio le mie più sentite condoglianze.

Nessuno dovrebbe passare ciò che hai passato e che stai passando tu. Tu stai malissimo, perché questo maledetto virus ti ha portato via un familiare, un amico, un collega nel modo più atroce.

Attenzione, l’atrocità non è data dalla morte in sé, che, per definizione è sempre tragica e ingiusta e non si è mai pronti ad affrontarla, atroce non solo perché è l’unico per sempre che conosciamo e manda i sopravvissuti nel dolore più cupo, ma allo stesso tempo, nel dolore più naturale, proprio perché la morte è un fenomeno legato alla vita.

L’atrocità della morte ai tempi del coronavirus sta nelle modalità con cui avviene e per come deve essere gestita proprio per contrastare il virus.

Si tratta di una morte vissuta in solitudine, solitudine per chi ci lascia, per chi non può avere il conforto dei cari, ma solo degli operatori che si trovano a loro volta a vivere tragicamente il momento in cui il loro ruolo assume un valore di ultimo familiare surrogato (con terribili conseguenze psicologiche per gli operatori sanitari).

E’ anche una morte vissuta in solitudine anche per chi rimane: figli, fratelli, coniugi, genitori, parenti, amici, colleghi, i quali non possono, o non hanno potuto aver il conforto della vicinanza fisica nella morte e dei rituali del lutto.

I lutti senza corpo sono i più tragici, sono quelli a cui non si può dare una ragione. Sono quelli a cui si può anche sfuggire: “magari non era lui, hanno scambiato qualcosa”, dando spazio, anche qui alla negazione, come nei casi di scomparsa che sentiamo nella cronaca nera.

I lutti senza corpo sono lutti ancora più complessi dei lutti gravi che possiamo vivere, come i suicidi, le morti improvvise, le morti di giovani e giovanissimi.

I lutti senza corpo non consentono un saluto. Abbiamo visto tutti le immagini di quelle carovane di convogli militari che trasportavano salme.

Mi rivolgo a te che hai subito tutto ciò.

E’ necessario che tu compia 5 azioni per procedere con la difficile elaborazione del lutto e uscire dall’impotenza con operazioni cognitive e pratiche che ti aiuteranno psicologicamente a stare un po’ meglio nel dolore del lutto:

  • 1.Purtroppo devi accettare la realtà che il tuo caro non c’è più, anche se non lo hai visto direttamente
  • 2.Sappi che non è colpa tua
  • 3.Sappi che appena possibile potrai raggiungere la salma e fare il funerale che il tuo caro merita e che potrai condividere il momento con tutti coloro che vorrai
  • 4.Intanto, se ancora non lo hai fatto, crea tuoi rituali di saluto, non sei matto se crei un altarino in casa, se accendi una candela, se gli scrivi una lettera
  • 5.Coinvolgi anche i bambini nel casalingo saluto rituale al caro estinto e approfitta per ricordare loro chi e cosa era per te e per voi quando era in vita.

Tutto questo lo devi fare che tu sia religioso, o che tu non lo sia, perché si tratta di pratiche che sono a sostegno dell’equilibrio dei vivi, che spesso vivono in famiglia ed hanno la responsabilità di sostenere emotivamente i più fragili e i propri figli per non fare perdere loro la speranza nel futuro e per non buttarli nell’angoscia.

5. Le cose tutto sommato ti vanno benino, oppure non vanno bene, ma hai un po’ di energia? Allora sii utile agli altri!

Praticare la gentilezza, la solidarietà, è risaputo, è un’altra condizione che dà valore a noi stessi e genera benessere all’altro ed a sé. Questo perché si viene a creare un circuito virtuoso di positività che si autorinforza, e come abbiamo detto la positività è necessaria per portare cambiamenti.

Ognuno nel proprio piccolo può esercitare queste micro (o macro) azioni di solidarietà che hanno un effetto benefico importante per noi stessi ma anche per la nostra comunità. Cosa intendo con essere utili agli altri?

  • Esercitare la vicinanza emotiva: siamo così distanti, ma possiamo fare un sorriso, dare uno sguardo, anche solo a chi incrociamo a fare la spesa, fare una parola con i nostri vicini, chiamare al telefono o videochiamare i nostri anziani per stare loro vicini
  • Agire piccole attenzioni da distribuire a caso, o mirate, in base alle nostre caratteristiche, alla nostra professione, alle nostre possibilità e capacità
  • Aderire all’associazionismo volontario è un’altra attività che dà tanto a chi la fa e a chi la riceve, ovunque ci sono associazioni di volontariato, dalle più importanti e organizzate a livello nazionale e locale, come la Protezione Civile, o la Croce Rossa, alle piccole realtà locali, dalle parrocchie ad altre realtà così forti ed importanti nel nostro Paese

I problemi emotivi che stiamo vivendo in questa psicofase sono tanti e costringono tutti a un grande sforzo di responsabilità, ognuno per il ruolo che riveste, di responsabilità per se stessi, per le proprie famiglie, per la comunità, appunto in base al ruolo che rivestiamo.

In noi abbiamo le risorse, la forza e fiducia per affrontare e superare questa fase e, sicuramente, in qualche modo ce la faremo ed entreremo nella prossima psicofase, quella del “ma come ho fatto a superare tutto” tipica di quando guardiamo indietro e riconosciamo le difficoltà che abbiamo superato!

Psicopillola di Cristina Sciacca Psicologa 

Per counseling on line contatto skype: Cristina Sciacca